giovedì 13 febbraio 2014

INTRODUZIONE AL DIAMANTE 3

INTRODUZIONE AL DIAMANTE 3

… 1725, si scoprono i diamanti in Brasile…

Dopo aver prodotto diamanti d’eccezionale qualità per oltre due millenni, le generose miniere indiane si erano quasi esaurite. Una moltitudine di ricchissimi maragià [1] che governavano piccoli potentati riuscivano a mantenere l’equilibrio del mercato dei diamanti soddisfacendo con le loro immense scorte la crescente richiesta di pietre proveniente dall’Europa, favorendo inconsapevolmente la creazione di una sorta di primordiale “cartello”.

Delimitazione del Brasile dopo il trattato di Tordesillas
In un’altra parte del mondo, nel frattempo, i portoghesi si erano insediati in Brasile a seguito dell’arbitrato di papa Alessandro VI (lo spagnolo Rodrigo Borgia) che aveva posto fine alla disputa fra Spagna e Portogallo sorta subito dopo la scoperta dell’America: esso stabiliva che tutto il nuovo continente restava sotto il dominio spagnolo, ma ai portoghesi era riconosciuta la sovranità su un lembo della costa atlantica sud orientale (Pernambuco), un territorio inizialmente piuttosto esiguo, ma che fu in seguito esteso grandemente con il trattato di Tordesillas del 1494. L’aspetto più straordinario e curioso di questo trattato è che fu stipulato “al buio”: in pratica nessuno, nel 1494, era ancora a conoscenza né dell’esistenza né dell’ubicazione del grande e ricco continente sud americano poiché Colombo, all’epoca, stava ancora circumnavigando le isole di Cuba, Giamaica e Puerto Rico nell’area dei Caraibi nel corso del suo secondo viaggio verso quella terra che lui ancora riteneva fosse l’India.[2]


Fu solo alla fine di marzo 1500 che la grande flotta composta da tredici vascelli con millecinquecento uomini d’equipaggio, partita da Belem e finanziata da re del Portogallo Manuel I il Grande, arrivò sulle coste brasiliane e ne cominciò la colonizzazione, resa possibile grazie alla stabilità politica dei portoghesi, la loro grande esperienza marittima e la più che favorevole posizione geografica dominante l’Oceano Atlantico.
In seguito, i coloni scoprirono l’oro nella zona di Minas Gerais (Miniere Generali), cinquecento chilometri a nord di Rio de Janeiro. Si narra che i garimpeiros (cercatori), alla fine di una lunga giornata di lavoro passata setacciando la sabbia del fiume Jequitinhonhas, si rilassavano giocando a carte e come fiches usavano degli insoliti sassolini che trovavano nei paraggi. Il primo a riconoscere quelle pietruzze luccicanti sul tavolo da gioco fu Padre Sebastiano, un missionario che in gioventù aveva predicato in India nella zona di Golconda.
Schiavi al lavoro in una miniera brasiliana

Ciò accadeva intorno al 1725 e sul trono del Portogallo, a 7000 chilometri di distanza, sedeva Giovanni V. Quando si riuscì ad accertare la natura e l’entità della scoperta, ci furono grandi festeggiamenti alla corte di Lisbona e si cantarono Te Deum di ringraziamento nelle cattedrali. I terreni diamantiferi, presidiati dall’esercito, furono subito dichiarati proprietà esclusiva della corona e fu creata un’imponente scala gerarchica di governatori, intendenti, ispettori e concessionari preposti al controllo delle operazioni di recupero del grezzo svolte da schiavi africani - uomini o donne - in condizioni disumane. Si costruì addirittura la “Strada Reale” che poteva essere utilizzata esclusivamente per il trasporto delle pietre verso il porto di Paraty dove erano imbarcate sulle navi reali dirette a Lisbona. I contrabbandieri erano deportati in Angola, un altro possedimento portoghese che è divenuto, in tempi più recenti, uno dei maggiori produttori di diamanti d’altissima qualità.

Nel 1771 fu creata un’amministrazione speciale, la “Regia Estrazione” che si occupava della complessa normativa riguardante i diamanti. [3] La casa reale portoghese accumulò così un tesoro considerevole e fece realizzare dai migliori artigiani del tempo una serie impressionante di gioielli sontuosi ed elegantissimi che ancora oggi si possono ammirare a Lisbona nel Palazzo dell’Ajuda e nel Museo Nazionale d’Arte Antica. La Repubblica fu proclamata in Portogallo nel 1910. 


Tabella comparativa del valore dei diamanti, compilata da Louis Dieulafait nel 1874. Si noti la forte caduta dei prezzi del 1750.

Uno degli effetti quasi immediati dell’offerta sostenuta e continuata di grezzo sul mercato, fu il crollo di quasi il settantacinque percento del suo valore (vedi tabella sopra). Alcuni mercanti – molto probabilmente londinesi – cominciarono a spargere la voce che la merce brasiliana era falsa. Prontamente i portoghesi  decisero di inviare ingenti quantitativi di pietre verso Goa, una loro colonia sulla costa indiana del Mare Arabico. Con questo stratagemma le pietre brasiliane potevano arrivare in Europa con un “passaporto” indiano.

Il sistema più usato per recuperare il grezzo nelle Minas Gerais era di deviare il corso dei fiumi scavando dighe e canali e quindi, con un lavoro durissimo, passare al setaccio tutta l’area prosciugata. Fu instaurato un sistema di ricompense per gli schiavi: il ritrovamento di una pietra da otto a dieci carati, valeva il dono di “due camicie nuove, alcuni vestiti, un cappello ed un bel coltello”, [4] mentre per una pietra di oltre 17 carati e mezzo era resa la libertà. La schiava che trovò la Stella del Sud nel 1853 (un grezzo di 261 carati da cui si ottenne un ovale di 128 carati di un tenue colore rosato) [5] guadagnò anche un vitalizio, comprendente vitto e alloggio. Il piccolo insediamento formatosi in quell’area fu chiamato Diamantina, dove sorsero alcune belle chiese e dimore in stile barocco coloniale. Nel 1822 il Brasile ottenne l’indipendenza, ma la schiavitù vi fu abolita solo nel 1888: quest’avvenimento segnò il ritorno dei cercatori indipendenti, gli avventurosi garimpeiros che erano stati allontanati dal territorio sin dal ritrovamento dei primi cristalli.

Un sontuoso gioiello con diamanti brasiliani appartenuto alla regina Maria del Portogallo (seconda metà 18° sec.)





[1]  “Maragià” era il titolo di “Grande Re” anticamente dato dagli indiani ai loro sovrani.
[2]  In realtà, quando Cristoforo Colombo morì nel 1506 (e dopo aver compiuto quattro viaggi) ancora pensava che la terra da lui scoperta potesse essere la Cocincina.
[3]  La Regia Estrazione divise il territorio in dodici centri d’estrazione dove lavoravano oltre 3600 schiavi.  Fino al 1843 furono recuperati ufficialmente circa 1.400.000 carati di cui la maggior parte delle pietre più importanti andarono alla casa regnante di Braganza. A metà del secolo XIX la produzione brasiliana si era attestata sui 300.000 carati annui, per poi scendere a 200.000 e si manterrà all’incirca su questi livelli fino alla fine degli anni settanta del 1900.  All’inizio degli anni 2000 le stime “semi-ufficiali” di produzione vanno da un minimo di 550 mila carati annui (per un valore complessivo di 22 milioni di dollari), ad un massimo di 900 mila carati (per un valore di 40 milioni di dollari). Da questi numeri molto labili, ne emerge solo un dato certo e cioè che un carato di qualità mista (gemma ed industriale) di grezzo brasiliano vale 40-45 dollari, un prezzo fra i più bassi sul mercato. Secondo recenti rilevamenti geologici, le scorte di grezzo dell’America Meridionale sarebbero da considerarsi fra le più ricche del mondo.
[4]  Questa descrizione ci viene da Edwin Streeter, un famoso gioielliere londinese che nella seconda metà del 1800 scrisse due libri di notevole interesse: The Great Diamonds of the World e Precious Stones and Gems.
[5] Dopo essere stata la proprietà di un principe indiano per molti anni, nel 2002 è stata acquistata da Cartier che la espone ad importanti mostre internazionali.

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