INTRODUZIONE AL DIAMANTE 2
…
a Venezia nel Medio Evo…
Una delle prime notizie sull’esistenza della
Corporazione degli Orafi Veneziani risale al 1231 il cui statuto, molto
articolato, stabiliva che l’apprendistato durasse quattro anni e mezzo ed aveva
inizio all’età minima di otto anni. Fu proprio in questo periodo che Venezia si
attestò come la capitale del taglio e del commercio dei diamanti. [1] Il
grezzo arrivava dall’India dopo un lungo viaggio attraverso Baghdad, Hormuz,
Aleppo e Costantinopoli. Nella zona di Rialto, il centro economico della città,
si potevano contare un centinaio di molini da diamanteri (mole da taglio per diamantai) dove furono sviluppate
delle nuove tecniche di lavorazione per tirar fuori delle pietre il massimo
splendore. Fino a quel tempo, infatti, i tagli conosciuti erano molto semplici:
a punta (o piramide) ed a tavola (quadrata o rettangolare), corrispondenti
all'incirca alle facce naturali della gemma allo stato grezzo. [2]
Evoluzione del taglio di un diamante |
Per oltre due secoli la Serenissima ebbe questa
sorta di monopolio, ma una serie di avvenimenti concorse al suo lento
decadimento: altri artigiani europei a Parigi, Londra, Amsterdam – e gli stessi
indiani – impararono presto l’arte del taglio. In aggiunta, nel 1498 Vasco da
Gama aprì la nuova via marittima per l’India doppiando il Capo di Buona
Speranza all’estremo sud del continente africano, favorendo così Lisbona
sull’Atlantico e in seguito l’Europa del nord - in confronto alle città mediterranee
- negli scambi commerciali. Nel corso dei secoli, con alterne e complesse
vicende, i centri di taglio si spostarono prima a Bruges e poi ad Anversa che
resta ancora oggi l’unico centro in Europa.
Il viaggio di Vasco da Gama nel 1497-1499 |
…a
Firenze, nella famiglia de’ Medici…
Il capostipite storico della famiglia de’ Medici -
originaria del Mugello nel nord della Toscana, d’estrazione popolare ed
arricchitasi con il commercio della lana e l’usura - [3] era
Giambuono vissuto nel XIII secolo. Suo figlio Chiarissimo ebbe un ruolo
politico a Firenze e fu fatto cavaliere. La famiglia subì le vicende delle
sanguinose lotte fra Guelfi (che sostenevano il papato) e Ghibellini (che
sostenevano l'imperatore), ma non mancò mai di prosperare, tanto che dal XIV
secolo alcuni de' Medici ricoprirono cariche di rilievo in città. Fu
soprattutto la numerosa discendenza di Averardo (detto Bicci, fratello di
Chiarissimo) ad occuparsi degli affari della famiglia fino ad arrivare, quasi
un secolo dopo, a quel Giovanni di Bicci (1360-1429) che dette grande impulso
alle già fortunate attività bancarie. Egli aprì nuove sedi in Italia ed in
Europa, affidandole a parenti e soci che, dotati di un eccezionale acume
mercantile, diventarono i finanziatori di sovrani e papi: la casa reale inglese
era debitrice di 120.000 fiorini, lo Stato Pontificio di 100.000 e così via.
Giovanni accumulò in questo modo un gran patrimonio
che lasciò al prediletto figlio Cosimo (1389-1464, detto il Vecchio): si
trattava di 178.000 fiorini in moneta sonante in aggiunta ad una gran quantità
di crediti attivi. Nell’eredità figuravano anche alcuni gioielli,
principalmente una quindicina di anelli montati con “balasci”, [4]
zaffiri, un paio di piccoli diamanti, uno smeraldo, catene d’oro, cinture
d’argento ed altri oggetti minori – niente di straordinario, secondo un primo
inventario stilato nel 1417. Sebbene Giovanni di Bicci avesse lasciato a Cosimo
solamente tre libri, questi sviluppò comunque il gusto per il collezionismo di
oggetti preziosi, pietre intagliate, argenti e marmi, un interesse coltivato
con grande passione dal figlio Piero (1416-1469). Nell’inventario del 1465,
infatti, troviamo descrizioni di grandi gioielli come una collana a treccia
smaltata con 234 perle, 27 diamanti e 27 rubini “a mandorla”, insieme con un pendente con altre 12 perle, 3 rubini
ed un diamante, il tutto valutato 1.000 fiorini. Un altro pezzo, questo del
valore di 5.000 fiorini, consisteva in un fermaglio da spalla “d’uno libro d’oro” (una libbra, quasi
cinquecento grammi) con un grande balascio, tre perle “grosse” ed un diamante sfaccettato e poi: 36 anelli con un assortimento
di pietre preziose, fili di perle e perle sciolte per 3.500 fiorini, 100
medaglie d’oro e più di 500 d’argento, per un valore totale di ben 17.689
fiorini.
Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo de' Medici |
Divenuti sovrani di una dinastia ereditaria, i de'
Medici affidarono a raffinatissimi oggetti da collezione – oltre che ai
prestigiosi gioielli sfoggiati dalle loro donne – il compito di affermare la
propria autorità e stile presso le corti europee. In questo modo, nel corso
degli anni il tesoro mediceo era diventato sempre più importante, [6]
ma nel 1601 il granduca Ferdinando I (fratello di Francesco) lo rese veramente
straordinario con una gemma senza pari: il diamante Fiorentino. Ferdinando lo acquistò per 34.300 scudi,
l’equivalente valore di 122 chili d’oro. Era di colore paglierino, pesava 138
carati e proveniva dall’India (Tavernier l’aveva vista e la descrive nel suo
libro). Fu tagliata a punta con nove lati dal veneziano Pompeo Studentoli che,
dopo dieci anni di lavoro nelle botteghe granducali (dal 1605 al 1615, durante
i quali ricevette regolarmente un salario di cinquanta scudi al mese), consegnò
una pietra a 126
faccette di 127 carati, valutata 200.000 ducati, diventando
così il diamante più grande e prezioso in Europa a quel tempo. Rimase di
proprietà dei Medici fino alla morte dell’ultimo discendente, Gian Gastone, nel
1737. A questo punto passò agli Asburgo-Lorena, subentrati ai Medici nel
governo della Toscana e fece parte dei gioielli della corona d’Asburgo con una
valutazione pari a 750.000 dollari odierni. Del Fiorentino si persero
completamente le tracce al crollo dell’Impero Asburgico dopo la I Guerra Mondiale:
si pensa che sia stato rubato, ritagliato e venduto. La stessa sorte toccò alla
maggior parte dei grandi gioielli dei Medici di cui rimane solo una piccola
parte, oggi conservata nel Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze.
Il diamante Fiorentino |
…
a Versailles, alla corte del Re Sole…
Forse
nessun appellativo fu mai così indovinato come quello di “Re Sole” per Luigi
XIV che regnò sulla Francia per oltre mezzo secolo: intorno a lui tutto era
prezioso ed oltre modo sfarzoso. Egli realizzò una forma di stato centralizzato
ed assoluto pervenendo al controllo della nobiltà, del clero, dell’economia e
dell’armata: a ragione amava dire “Lo stato sono io”. Nato nel 1638, fu
incoronato re nel 1654, a soli sedici anni.
Il Cardinale Mazzarino |
Jean-Baptiste Tavernier |
Luigi
XIV fu comunque l’ultimo sovrano ad indossare ornamenti preziosi in modo spropositato;
con la scoperta dei giacimenti brasiliani appena dieci anni dopo la sua morte
nel 1715, l’universo dei diamanti non sarebbe più stato lo stesso.
[1]
Nel 1791 i diciotto diamanti del Cardinale Mazzarino furono valutati la cifra
pazzesca di 2.325.000 livres. Il solo
Sancy fu valutato un milione di livres.
Questa collezione fu rubata nel 1792 in un celebre furto e fu poi, in parte,
ritrovata.
[1] Piero
Pazzi: I Diamanti nel Commercio, nell’Arte
e nelle Vicende Storiche di Venezia Venezia, 1986.
[2]Nel XVI secolo gli artigiani veneziani più apprezzati nel
taglio dei diamanti erano Cesare Fedrici e Gasparo Balbi. Fu Vincenzo Peruzzi a
creare nel 1680 il taglio rotondo detto “a brillante” con cinquantotto faccette
(57 più l’apice) che restò pressoché invariato fino ai primi decenni del 1900.
[3]I de' Medici erano iscritti alle arti (corporazioni)
di Calimala e del Cambio. Di quest'ultima facevano parte anche i commercianti
di metalli e pietre preziose.
[4]
Il balascio (o balasso, spesso
confuso con il rubino) è la varietà rossa dello spinello di cui esistono anche
le varietà blu e verdi.
[5] Maria
Sframeli: I gioielli dei Medici dal vero
e in ritratto, Sillabe, Firenze 2003, catalogo della mostra che si tenne a
Firenze, nel Museo degli Argenti a Palazzo Pitti, nel 2003-2004.
[6]
L’inventario del 1574 registra
498 pezzi fra gioielli e pietre sciolte.
Nessun commento:
Posta un commento